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Divertirsi male, la Movida non esiste.

Divertirsi male, la Movida non esiste.

Io non la chiamo Movida, per me si divertono male.
E ora che è passato un altro weekend abbastanza “intenso” è inutile nascondersi dietro ad un dito: il problema c’è.
Certo non è un problema fiorentino e non è un problema di facile gestione o soluzione. Anzi.
Ma va detto che se vogliamo riportare residenti in centro, oltre ad avere un disegno sui servizi di prossimità da integrare e implementare, creando piccole strutture sportive e di aggregazione per famiglie e cittadini; creare la possibilità di parcheggio e garantire il rispetto delle regole che spesso in questo caso servono proprio a tutelare i più deboli (sono solo le prime cose che mi vengono in mente)
Dobbiamo migliorare anche la vivibilità.

Quest’anno sentiamo la mancanza degli spazi estivi che decentrano un po’, sentiamo la mancanza di concerti, festival, insomma sentiamo la mancanza di tutte quelle attività che aiutano a non creare pressione solo su alcune zone.
Stiamo affrontando un emergenza senza precedenti e alcune soluzioni adottate per aiutare l’economia cittadina sono giuste, ma anche tenendo ben presente il momento, la realtà è che così non va.

Ieri Moreno, 87enne che abita in via del campuccio da sempre, mi ha detto che non ha chiuso occhio tutta la notte perche davanti c’era una festa in un appartamento che è durata fino alle 4.30, era sfinito. Non solo non è giusto ma è da st@@@zi.

Chi mi conosce sa che ho sempre vissuto la notte e che tutt’ora mi piace la vita notturna, frequento locali, vengo da “rokkenroll a tutta randa”, ma il troppo stroppia e dobbiamo renderci conto che stiamo passando il limite.
Ognuno deve fare la sua parte; Il mio impegno in consiglio comunale come cittadino e residente dell’Oltrarno va da sempre in questa direzione e continuerò a proporre e cercare soluzioni che favoriscano la convivenza e il rispetto di tutte le sensibilità e realtà.
L’amministrazione cerca e prova soluzioni: dai presidi fissi, alla pulizia anticipata fino a cercare un accordo per i bagni.

Ma è indubbio che c’è una percezione delle regole sbagliata, di un divertimento sregolato che in qualche maniera va dissuaso e non accettato per quello che è, perché nessuno può e deve prevaricare l’altro tenendosi in tasca la scusa: “eh che ci vuoi fare, son giovani”
Perché i giovani non sono così, questi sono solo stronzi.

Vita SocialE al tempo del virus. Basta un click.

Vita SocialE al tempo del virus. Basta un click.

La vita SocialE al tempo del virus è cambiata in un attimo e il momento è quello che è.

Se ce l’avessero raccontato non ci avremmo creduto.  Un virus che ci costringe a stare chiusi in casa e a lottare contro il tempo per salvare vite umane. Un film si, un film.

Questo Virus ci allontana dagli altri, come se non fossimo già stati abbastanza lontani l’uni dagli altri, negli ultimi anni. Ma così è.

Social, tv a pagamento, distanze sociali.

Oggi qualcuno parla di avvertimento da parte della terra, una terra che si ribella contro l’essere umano egoista, che non pensa a salvaguardarla.

Che la incendia, la deruba delle sue ricchezze, che non la rispetta. E se fosse invece un passo ancora avanti verso l’egoismo? 

Un passo verso il dirsi: ma io, alla fine, a casa da solo sto bene; verso la voglia di non avere più niente a che fare con gli altri?

Un click e ciao, ciao agli amici di Facebook,  ciao Skype e ciao vita SocialE.

Fino ad adesso mescolavamo la vita Pubblica con quella virtuale, quella sociale, con quella privata. Oggi in questa situazione è diventato tutt’uno. Quelle barriere che ancora resistevano della vita personale che vengono abbattute con dirette live dal salotto, dalla camera, con i figli, cani. Tutti proprio tutti che condividiamo cosa mangiamo, come viviamo, cosa leggiamo, guardiamo..  studiamo e amiamo. Ancora più di due settimane fa. Tutto in tv, nella grade tv socialE.

E allora penso alla famosa democrazia del telecomando abbattuta da programmi tutti uguali su canali tutti uguali.. penso che la democrazia della scelta di cosa condividere e con chi abbattuta così, da un click.

Beh si,  oggi basta un click per decidere chi frequentare, con chi parlare, chi ascoltare, con chi restare collegato, in questa situazione non devi rimanere collegato a tutti per forza. Basta un click.

E allora se ci abituassimo a rimanere ad un metro di distanza l’uno dagli altri?  a rimanere solo collegati virtualmente ma ognuno in casa propria?

Non saremo più gli stessi tra un mese, saremo un po’ tutti abituati a questa vita reclusa, a questa voglia di “basta un click” ...di “non seguire più”.. chissà… e se ci abituassimo alla distanza gli uni dagli altri? 

Tra un mese penso che dovremo essere più forti e volenterosi per venirsi incontro e volersi riabbracciare di nuovo. Come una vita fa. Perchè sembra già una vita fa.

Guardo film dove si salutano e mi sembra strano.

La forza adesso è rimanere in casa per tutelare tutti, domani sarà quella di uscire e riabbracciare tutti. Ma proprio tutti.

La fuga da Milano e dalla paura.

La fuga da Milano e dalla paura.

La fuga da Milano, la scena dei treni presi d’assalto mi ha fatto pensare a tante cose.

Una su tutte: Quando le cose ci toccano da vicino come diventiamo fragili e impauriti.

Pur essendo nella comodità delle nostre case, con il frigo pieno e nessuna bomba esplosa, se ci sentiamo in difficoltà la nostra reazione può essere impulsiva e perché no anche sconsiderata..

Non giudico chi ha cercato di raggiugnere la propria casa di nascita o i propri affetti.

Ma per la legge dei grandi numeri, sono quasi certo che qualcuno di quelle persone, negli ultimi 5 anni, avrà giudicato chi fugge da zone di guerra, chi si affida al mare pur di salvare i propri cari.

A noi è chiesto di rimanere nelle nostre case, calde accoglienti, con la nostra musica preferita, i nostri libri, i nostri cari.. niente, scappiamo uguale.

Spero che questa emergenza, nel dramma che comporta, riesca a fare breccia nei cuori irrigiditi.

Di chi negli ultimi anni, si è messo a urlare, giudicare, si è incattivito contro chi ha avuto la sfortuna di nascere in una parte del mondo diversa.

In queste situazioni i ganzi sono quelli che tutelano gli altri, che li aiutano, non chi cerca di fuggire alle proprie responsabilità.

Sono grandi tutti quelli che in servizio 20 ore su 24 nelle zone di emergenza si stanno impegnando per aiutarci a superare questo momento difficile.

L’ho scritto l’altro giorno in un post Facebook, questo è il momento di stare tutti dalla stessa parte:
Genitori e figli, lavoratori e imprenditori, sportivi e spettatori, siamo tutti uguali e ognuno avrà le proprie difficoltà.

Comici e ristoratori, musicisti e artigiani, muratori e albergatori, per questa volta, e forse per la prima volta, tutti dalla stessa parte.

E proviamo a restarci dalla stessa parte.. a un metro di distanza eh.. ma dalla stessa parte.
…E se un ci può abbracciare per un po’, s’avrà più voglia dopo.
Forza.

Ciao Luciano, Santo Spirito ti ringrazia.

Ciao Luciano, Santo Spirito ti ringrazia.

Ieri se ne è andato Luciano Locchi, lo storico direttore della Biblioteca Thouar.
Era il volto storico della biblioteca del Quartiere, prima in Piazza Santo Spirito e poi in Piazza Tasso.
 
Da piccini s’andava sempre dentro a curiosare e si faceva arrabbiare: Boni! zitti! e noi si scappava e si rideva come matti… ma anche lui rideva sotto a quei baffi..
Era sempre gentile, disponibile, accogliente, una volta mi regalò un topolino usato, stropicciato, erano i primi anni ’80, “puzzava” di carta vecchia, fantastico.
 
L’amministrazione comunale deve molto a queste persone che nel silenzio ma con passione e dedizione, dedicano la propria vita alla collettività e portano avanti le attività della città.
Il loro non è soltanto un lavoro, ma è una passione vera, perchè nei quartieri più popolari, le biblioteche, sono davvero un rifugio per molti ragazzi e cittadini e un baluardo in difesa della cultura.
 
Grande Luciano sei stato davvero mitico.
 

“Luciano è stato il volto e l’anima di quella biblioteca di quartiere che è stata, prima in santo spirito e poi in piazza tasso, un baluardo di cultura per molti cittadini dei Rioni Santo Spirito e San Frediano – ricorda il consigliere Mirco Rufilli – In un quartiere che ha sempre avuto fame di conoscenza, Luciano, con il suo modo schivo ma sempre sorridente e disponibile, è stato una figura fondamentale della biblioteca Thouar, accogliendo sempre tutti senza distinzione ma con affetto e dedizione. Solo da poche settimane aveva iniziato a godersi la meritata pensione dopo una vita spesa al servizio della collettività”.

“L’amministrazione comunale deve tanto a lui e alle persone come lui, che nel silenzio ogni giorno, si impegnano e portano avanti le attività di questa città. Lo voglio ricordare calorosamente mandando un caro saluto a lui e a tutti i suoi cari”, conclude Rufilli.

 
 

 

Erika e i moralizzatori!

Erika e i moralizzatori!

Un sabato sera da divertimento, un sabato che doveva essere poi di quelli da raccontarsi in futuro invece no, non è andata così.

Erika è morta a ca@@o. Non ci sono altre parole, e mi dispiace davvero. 
Ma leggere sotto ai post che parlano di quello che le è successo al Jaiss i moralisti, che dispensano colpe e giudizi come fossero unti dal signore e santi in terra, è davvero inaccettabile.
Invito gli adulti, se lo sono e non solo per età anagrafica, a scendere dai piedistalli del moralismo e del giudizio e a tuffarsi in quello che a volte può essere “solo” voglia di divertirsi con una grande superficialità, anzi grandissima superficialità…

Certo, potremmo andare a toccare temi più importanti che attanagliano la vita di alcuni e li portano a fare sciocchezze a volte irreparabili come la solitudine, la paura, l’inadeguatezza..
Potete dare la colpa alla musica, alla discoteca, ai genitori.. alla vita, a tutto, ma il più delle volte è solo una sciocchezza irrecuperabile e dietro non c’è nient’altro.
E quante sciocchezze si fanno in certi periodi della vita.
Spesso ci salva solo il… la fortuna.

Siamo tutti un po’ Erika, chi ha fatto il tuffo pericoloso, chi è andato forte in macchina.. chi ha alzato un po’ il gomito… ad ognuno il suo. Chi siete per giudicare…
La vita è tutto tranne che monotona e scontata e chissà cosa ci riserva il futuro a tutti noi, compresi voi “moralizzatori”
Ecco.. penso soltanto che è avvicinandosi ai mondi che non comprendiamo e conosciamo che possiamo davvero provare a salvare qualcuno, tutto qui.

Stamani ho incontrato Piero sotto casa, lavora in un centro di recupero, mi ha detto che è morto di overdose Tony, una persona di zona, è il secondo in due mesi che conosco che muore di overdose nel silenzio più totale.

Siamo tutti un po’ Erika, anche voi moralizzatori di staceppa.

Nadia Toffa e l’odio che non trova confini

Nadia Toffa e l’odio che non trova confini

 La morte di Nadia Toffa non mi colpisce solo per il fatto di essere una persona conosciuta che così giovane ci lascia, forse nemmeno per il fatto che ha combattuto la sua battaglia sempre con il sorriso.

Mi colpisce per il fatto di essere stata, suo malgrado, vittima dell’odio di rete per aver vissuto la propria malattia come voleva viverla.

Mi rendo conto di come sempre più spesso la sensibilità, in rete, venga spodestata dall’arroganza e dalla cattiveria anche di fronte a fatti così importanti come una malattia grave.

Ma la decisione di condividere sui social il proprio stato vitale, le proprie sensazioni, le proprie idee e perchè no, anche la propria malattia, anche se non condivisibile come modus operandi, non può dare diritto a nessuno di giudicare e buttare in odio la conversazione.

Nadia Toffa è stata oggetto di offese, ingiurie e cattiverie gratuite solo perché aveva avuto il coraggio di vivere la propria malattia apertamente senza nascondersi e di dire la propria visione della malattia usando un termine che l’ha messa al centro del mirino degli hater: un dono.

Certo ci sarà chi non la pensa così, ci sarà chi maledice umanamente la malattia, come la malediceva lei chiamandola mostro.
Ma chi ha il diritto di entrare nella vita e nei pensieri degli altri e giudicarla?

Perchè poi il punto è sempre il solito: non siamo uguali ma finché resti nel rispetto degli altri puoi pensarla e scriverla come vuoi.

Invece ci sono quelli che nascondendosi dietro alla ormai famigerata libertà di espressione utilizzano l’odio per catalizzare su di se attenzione e in cerca di facili like, la buttano in caciara pensando di essere ganzi.

In realtà sono stronzi (fa anche rima)

Tornando alla Toffa, e seguendo ogni tanto i suoi post, ho potuto vedere che il suo mettersi in mostra ha dato coraggio ad altri che stavano affrontando in maniera privata e silenziosa lo stesso male a volte incurabile.  

e allora perchè non trovare un confine all’odio?

In questi casi mi viene sempre in mente la mi nonna che quando imprecavo verso qualcuno mi diceva: “un ti fa sentire!? ma che sei grullo!””

Ecco chi odia sul web dovrebbe avere accanto la mi nonna o chi per lei che gli dice: “un ti fa sentire!? ma che sei grullo!”

Difendiamoci dagli odiatori seriali.

Ciao Nadia e in bocca al lupo a tutti quelli che vivono la malattia con coraggio e come gli torna meglio.

Ps. c’è un progetto di cui mi piace parlarvi che si chiama #odiareticosta lo trovate sui social, è una rete di persone che cerca di contrastare l’odio in rete, un aiuto a volte può servire.