fbpx

W la merda che crea i filosofi di strada.

Se almeno fosse più facile potremmo trovare soluzioni più semplici.
Quando perdiamo una persona cara, la sofferenza ci sovrasta, ci si appiccica addosso come vestiti bruciati e per giorni, mesi, a volte anni siamo come “metronotte che girano la notte” …che sembra più che vaghino nella notte senza una direzione ben precisa, che invece averla ben in mente.
Naturalmente il problema fondamentale in queste situazioni è: non c’è soluzione. Almeno Apparente.
Quando si muore si muore e le domande retoriche che sentiamo sono sempre le solite..  “proprio ora no..” (come se ci fosse un momento “giusto” per morire) “perché proprio a lui/lei?” (come se “un altro” che muore non avesse amici/parenti/mogli/figli)  ecc. ecc.
Ma forse le domande da porsi potrebbero essere altre, un po’ diverse… diciamo un po’ più ampie, tipo:
Cos’è che ci fa soffrire realmente così a fondo, Cos’è quest’ansia che mi schiaccia, solo la mancanza?
cosa risveglia in noi la morte delle persone care o di quelle vicine? mh.. che domandone, peggio di Marzullo.
Domande a cui i più grandi filosofi nella storia hanno cercato di dare risposte certe, ma di certo in questo frangente c’è solo una cosa… appunto.
Allora l’ultima domanda. Come mai non si “filosofeggia” prima di arrivare al dolore, come mai non cerchiamo risposte prima, provando magari ad anticipare la sofferenza?
perché? Perché non dovresti avere un cazzo da fare nella vita.
Lo diceva Aristotele, non certo io sia chiaro, Aristotele diceva che il bisogno di farsi domande “difficili” arriva quando l’uomo, soddisfatti i bisogni materiali,  si inquieta sulla vita e allora inizia a chiedersi… e ora?  E’ lì che inizia a porsi quesiti sull’esistenza dell’essere umano, sul futuro della propria anima, spirito, Karma o come lo volete chiamare… sull’entità della vita..
Ma prima ci vuole, la soddisfazione dei bisogni materiali, altrimenti non hai tempo per pensare alla vita, alla morte… al futuro dell’esistenza ma neanche a chi ti sta accanto di pianerottolo.. sarà per questo che è stato inventato il consumismo? per non darti modo di fermarti a pensare? può essere…
Sicuramente non avere tempo di pensare, ma avere ogni giorno come unico pensiero come portare a tavola un piatto di pasta non aiuta a filosofeggiare, come non aiuta a scrivere begli articoli di giornale, scrivere belle poesie o canzoni… quindi non può certamente aiutare a pensare a se stessi, allora abbiamo bisogno di schematizzare anche questo, e succede che… “dalle 4 alle 5 ho l’appuntamento dallo psicologo” per parlare della vita, della mia vita. Certo….. giusto…pensati.. solo in quell’ora però, anche se è già qualcosa chi ricerca qualcosa, in questo caso risposte.
Allora torno alla morte, che in un certo momento del nostro tram tram quotidiano arriva come un pugno in faccia e ci squarcia la vita, cristallizza le nostre giornate, ferma il tempo, stoppa il consumismo, allontana dalla mente la lavatrice che non funziona, le bollette da pagare,  i figli da portare a scuola… non ci sono più le cose da fare.. in quel momento c’è una priorità.. che va a sostituire il resto e sono le domande e le risposte sulla vita. Allora piangiamo, soffriamo, ci battiamo, ci incazziamo, imprechiamo e urliamo.. contro tutto, contro il mondo, la morte, la vita, contro noi stessi.. andando a snocciolare la sofferenza, cercando di capire il perché… non accorgendosi che i giorni passano… e che con calma.. con silenzioso movimento attorno a noi,  le cose ripartano… perché fai parte di un meccanismo.. fai parte del tutto che si muove.. del tutto che “devo fare”… a meno che non sia tu a decidere di smettere. E qualcuno lo ha fatto.
In passato chi non si è potuto permettere una vita da artista ha vissuto da straccione.. ed era considerato un disgraziato,  in antichità erano filosofi.. ma anche loro dovevano mangiare e quindi o erano di famiglia benestante oppure… avrebbero fatto i fabbri.
Oggi è uguale.. anche pensare alla vita, a se stessi, alla morte… e a tutte le domande che potrebbero migliorare la vita, è un lusso.
E chi deve sbattersi ogni giorno per il lavoro, per portare avanti desideri e sogni deve farsi il doppio del culo per poter filosofeggiare.
Allora nascono i filosofi di strada, quelli che dalla strada e dalla vita quotidiana, imparano, apprendono, studiano e cercano risposte non scritte sui libri che hanno avuto nelle loro scuole…  e a volte riescono anche a sparare delle massime alla Aristotele, senza neanche rendersi conto di quello che dicono.. ma si sa, la merda incontrata nella vita spesso aiuta più di 1000 libri..  e loro inconsapevolmente la ringraziano per quello che sono diventati quindi… dalla merda nascono i fiori, diceva De Andrè, ma anche i filosofi di strada.
 

Intervista su di me.

Quelle che riporto sono le risposte alle domande dell’amica Lisa Bernardini che scrive per giornaledelazio.it
la ringrazio per aver pensato a me. 
 
 
 
Mirco e i Dinamo: una bella storia musicale che e’ nata qualche anno fa e che al momento vi vede in pausa di riflessione, con te che stai curando un progetto solista. Ce ne parli?
 
Si’,  la nostra storia è nata ormai da qualche anno, anche se è solo negli ultimi 5 che si è intensificata con molti live importanti e riconoscimenti;  proprio per questa attività intensa eravamo arrivati a sentire il bisogno della famosa “pausa di riflessione” , che ci sta servendo sia a ricaricare le pile e, soprattutto, a riordinare un po’ le idee sul futuro. Non andando di corsa come stavamo andando, riesci a capire meglio cosa vuoi fare “da grande”. (sorride ndr)
Personalmente invece l’ultimo anno è stato impegnativo per quanto riguarda la mia vita privata/personale e questo mi ha portato e mi sta portando ad un percorso di crescita interiore e di conseguenza a scrivere e a cercare il modo di tirare fuori in musica le mie “cose”,  come non facevo ormai da qualche anno. E cio’  mi piace molto. 
E’ un po’ come fare un viaggio a ritroso, un viaggio nel mio passato per vedere meglio il futuro e soprattutto vivere meglio il presente;  diciamo che mi serviva tornare indietro per andare avanti.
E’ così che mi sono ritrovato in mano del materiale scritto e musicato che mi piace e chiedendomi cosa ci avrei potuto fare è nata l’idea del progetto solista , che poi a guardare bene  tanto solista non è, perchè vede la collaborazione più che attiva dei Dinamo al completo,  sia nella parte compositiva che esecutiva, e anche  in quella di amici musicisti che hanno gravitato intorno a me/noi negli ultimi anni e a cui ho chiesto e chiederò dei “cammei” all’interno di questi brani.
 
 
Quanti anni avevi, Mirco, quando hai capito di voler fare il musicista?
Riassumici le  tappe piu’ importanti della tua carriera musicale, finora, e in che modo le ricordi. Insomma, quali sono le tappe a cui sei piu’ legato, e intendo quelle sin dai tuoi primi passi nel mondo della musica? 
 
Forse troppo tardi.
Diciamo che il discorso è un po’ ampio, sono partito in ritardo perchè la prima chitarra mi è stata regalata da mia madre solo a 18 anni! Fino a quel momento la musica suonata non faceva parte della mia vita, facevano parte altre cose che non è il caso di elencare qui.. (ride ndr);  scrivevo, quello si’, ma non suonavo.. quindi la prima band a 20 anni, troppi!? Tra l’altro senza il desiderio di farne un “mestiere”, quindi con impegno relativo. Il desiderio è nato con il passare del tempo, e con esperienze fatte, come un viaggio solitario in Inghilterra a 21 anni… e quando dopo qualche anno, all’inizio degli anni 2000, sono nati proprio i Dinamo, con una formazione totalmente diversa da adesso, il desiderio e la passione si sono concretizzate in maniera lampante.
Sicuramente le tappe più importanti sono state tante, sopratutto fatte di passaggi personali che hanno portato anche ad una crescita professionale; ricordo come fondamentale l’operazione alle corde vocali a 29 anni! Fu determinante vedere e capire come una lotta contro pensieri negativi che mi dicevano dentro che non avrei più potuto portare avanti il mio “sogno” si trasformò invece in un levarsi un “Macigno” dalle corde vocali che creava blocchi sia personali che nel cantato. Da lì acquistai più sicurezza e mi lanciai. 
Un’ altra tappa fondamentale è stata sicuramente quando siamo stati invitati nel 2011 a Sanremo durante la serata finale del famoso festival a ritirare il Sanremo Music Award, premio come miglior band nazionale emergente.
E come non ricordare il premio Gensini al PhotoFestival di Nettuno nel 2011!? tra l’altro,  il premio è stato fatto a mano dal maestro fiorentino Piero Gensini, amico di mio padre! 
Scomparso quando avevo 9 anni.
Soddisfazione che mescola il passato con il presente, passione con ricordi.
Uno spettacolo.
 
Il sogno nel cassetto da realizzare.
 
In questo momento il mio desiderio è uno: vorrei sconfiggere definitivamente il mio “Belfagor”, (hai letto “Fai bei sogni” di Gramellini??); ormai mi sono incanalato in un viaggio con me stesso che mi sta portando a voler sconfiggere a tutti i costi e definitivamente quelle “tendenze” e paure che mi hanno fatto frenare, sbagliare e a volte fare scelte discutibili nel mio percorso artistico e privato, sia nel mio passato che nel recente passato. Vivo senza rimpianti ma con la consapevolezza dei miei errori fatti;  diciamo non piango sul latte versato ma non ne voglio versare più. 
Le canzoni che sto componendo in “solitaria” in questo periodo servono molto a questo lavoro interiore, a sviscerare e a tirare fuori una volta per tutte cose che non ho mai detto, per primo a me stesso, e parleranno di questo viaggio interno alla scoperta di me e della voglia di sconfiggere le paure e i disagi.
Poi i desideri sono fatti per essere cambiati a seconda delle priorità del momento, non credo alla staticità delle cose, figuriamoci alla staticità dei desideri e della vita,
Vorrebbe dire essere fermi, e non credo questo sia possibile; in ogni caso, sono io comunque che  non voglio fermarmi.
  
Come  ti vedi  tra dieci anni?
 
Finalmente un uomo cresciuto che ha accettato il passato e la vita così com’è, che la condivide in toto con chi gli sta accanto oggi e lo sopporta;  mi vedo con i miei figli più grandi con cui parlare di me, di loro, del mondo. Certamente avrò finito “piccoli racconti in discesa”, una  raccolta di scritti che porto avanti ormai da anni! Sarò certamente insieme ad  una chitarra e con la grande voglia di scrivere e raccontare che ho oggi, …diciamo… felice,  nonostante i capelli brizzolati!