Se almeno fosse più facile potremmo trovare soluzioni più semplici.
Quando perdiamo una persona cara, la sofferenza ci sovrasta, ci si appiccica addosso come vestiti bruciati e per giorni, mesi, a volte anni siamo come “metronotte che girano la notte” …che sembra più che vaghino nella notte senza una direzione ben precisa, che invece averla ben in mente.
Naturalmente il problema fondamentale in queste situazioni è: non c’è soluzione. Almeno Apparente.
Quando si muore si muore e le domande retoriche che sentiamo sono sempre le solite.. “proprio ora no..” (come se ci fosse un momento “giusto” per morire) “perché proprio a lui/lei?” (come se “un altro” che muore non avesse amici/parenti/mogli/figli) ecc. ecc.
Ma forse le domande da porsi potrebbero essere altre, un po’ diverse… diciamo un po’ più ampie, tipo:
Cos’è che ci fa soffrire realmente così a fondo, Cos’è quest’ansia che mi schiaccia, solo la mancanza?
cosa risveglia in noi la morte delle persone care o di quelle vicine? mh.. che domandone, peggio di Marzullo.
Domande a cui i più grandi filosofi nella storia hanno cercato di dare risposte certe, ma di certo in questo frangente c’è solo una cosa… appunto.
Allora l’ultima domanda. Come mai non si “filosofeggia” prima di arrivare al dolore, come mai non cerchiamo risposte prima, provando magari ad anticipare la sofferenza?
perché? Perché non dovresti avere un cazzo da fare nella vita.
Lo diceva Aristotele, non certo io sia chiaro, Aristotele diceva che il bisogno di farsi domande “difficili” arriva quando l’uomo, soddisfatti i bisogni materiali, si inquieta sulla vita e allora inizia a chiedersi… e ora? E’ lì che inizia a porsi quesiti sull’esistenza dell’essere umano, sul futuro della propria anima, spirito, Karma o come lo volete chiamare… sull’entità della vita..
Ma prima ci vuole, la soddisfazione dei bisogni materiali, altrimenti non hai tempo per pensare alla vita, alla morte… al futuro dell’esistenza ma neanche a chi ti sta accanto di pianerottolo.. sarà per questo che è stato inventato il consumismo? per non darti modo di fermarti a pensare? può essere…
Sicuramente non avere tempo di pensare, ma avere ogni giorno come unico pensiero come portare a tavola un piatto di pasta non aiuta a filosofeggiare, come non aiuta a scrivere begli articoli di giornale, scrivere belle poesie o canzoni… quindi non può certamente aiutare a pensare a se stessi, allora abbiamo bisogno di schematizzare anche questo, e succede che… “dalle 4 alle 5 ho l’appuntamento dallo psicologo” per parlare della vita, della mia vita. Certo….. giusto…pensati.. solo in quell’ora però, anche se è già qualcosa chi ricerca qualcosa, in questo caso risposte.
Allora torno alla morte, che in un certo momento del nostro tram tram quotidiano arriva come un pugno in faccia e ci squarcia la vita, cristallizza le nostre giornate, ferma il tempo, stoppa il consumismo, allontana dalla mente la lavatrice che non funziona, le bollette da pagare, i figli da portare a scuola… non ci sono più le cose da fare.. in quel momento c’è una priorità.. che va a sostituire il resto e sono le domande e le risposte sulla vita. Allora piangiamo, soffriamo, ci battiamo, ci incazziamo, imprechiamo e urliamo.. contro tutto, contro il mondo, la morte, la vita, contro noi stessi.. andando a snocciolare la sofferenza, cercando di capire il perché… non accorgendosi che i giorni passano… e che con calma.. con silenzioso movimento attorno a noi, le cose ripartano… perché fai parte di un meccanismo.. fai parte del tutto che si muove.. del tutto che “devo fare”… a meno che non sia tu a decidere di smettere. E qualcuno lo ha fatto.
In passato chi non si è potuto permettere una vita da artista ha vissuto da straccione.. ed era considerato un disgraziato, in antichità erano filosofi.. ma anche loro dovevano mangiare e quindi o erano di famiglia benestante oppure… avrebbero fatto i fabbri.
Oggi è uguale.. anche pensare alla vita, a se stessi, alla morte… e a tutte le domande che potrebbero migliorare la vita, è un lusso.
E chi deve sbattersi ogni giorno per il lavoro, per portare avanti desideri e sogni deve farsi il doppio del culo per poter filosofeggiare.
Allora nascono i filosofi di strada, quelli che dalla strada e dalla vita quotidiana, imparano, apprendono, studiano e cercano risposte non scritte sui libri che hanno avuto nelle loro scuole… e a volte riescono anche a sparare delle massime alla Aristotele, senza neanche rendersi conto di quello che dicono.. ma si sa, la merda incontrata nella vita spesso aiuta più di 1000 libri.. e loro inconsapevolmente la ringraziano per quello che sono diventati quindi… dalla merda nascono i fiori, diceva De Andrè, ma anche i filosofi di strada.